
Tra i simboli impiegati dai costruttori delle Cattedrali uno ricorrente è il nodo di Salomone. Il rapporto tra il re di Israele e questo singolare simbolo si ritrova nella Sinagoga di Ostia antica, le cui strutture risalgono al I secolo, con rifacimenti del IV (fig. 1). Per altro il fatidico nodo appariva già nel pavimento della Villa dei Volusii Saturnini, Lucus Feroniae, risalente al I secolo a.C..
Un altro autorevole esempio è offerto dalla Basilica paleocristiana di Santa Reparata, Firenze, risalente al IV-V secolo, oggi sottosuolo della Cattedrale di Santa Maria del Fiore. Se ne trova anche uno nella sala capitolare della Abbazia Cistercense di San Galgano, ai piedi dell’eremo di Montesiepi: è dipinto alla sommità di un pilastro della volta (fig. 1).
Come tutti i simboli anche quello del nodo è ambivalente. Può infatti rappresentare, attraverso l’intreccio, e quindi la connessione di uno o più elementi, sia un legame che genera protezione; sia un ostacolo, in questo caso causa di difficoltà e di (pesanti) disagi.
Appartiene alla prima categoria l’Ankh, o nodo di Iside, simbolo di vita e di immortalità (fig.2). Per A. Gardiner si tratterebbe di una “citazione” del laccio delle calzature che portavano, all’epoca, gli antichi egizi: il cerchio rappresenterebbe la parte legata alla caviglia; il laccio orizzontale la tomaia; quello verticale l’unione con la punta della calzatura. La valenza simbolica dipenderebbe dal fatto che, grazie a quel legame, l’uomo è in grado di camminare, ossia di percorrere gli ardui sentieri della vita …
L’Ankh, o chiave della vita In diverse opere di età medievale è presente un nodo che richiama la forma dell’antico simbolo egizio. Come il nastro che cinge il Bambino, tenuto in braccio dalla Vergine, nella Madonna di Crevole (nei pressi di Murlo, SI), opera del giovane Duccio (fig. 3).
Appartiene invece alla seconda categoria, quella dell’ostacolo, la pratica, attribuita alle streghe, di utilizzare pezzi di corda, oppure ramoscelli di piante portatrici di poteri magici – come il nocciolo – creando intrecci ‘caricati’ attraverso un rito magico che prevedeva il ricorso a misteriose formule. Il legame serviva ad inviare alla vittima prescelta negativi influssi che solo la strega era in grado di eliminare, appunto sciogliendo il nodo che lei stessa aveva composto. Queste ritualità, vere e proprie fatture, erano molto in uso nell’Europa settentrionale, in particolare nella regione della Slesia.
Il Nodo di Salomone ha, evidentemente, una funzione positiva. E’ un simbolo (solo un simbolo?) che vanta una storia remotissima, molto precedente a quella del biblico – e mitico – costruttore del Tempio di Gerusalemme. Forse la più antica testimonianza di questa (straordinaria) forma che “esalta” l’intreccio di due anelli, uno in orizzontale e l’altro in verticale, formanti una croce le cui braccia sonoarrotondate, si trova in una ciotola dipinta a grafiti e rinvenuta nei pressi di Bucarest (Karanovo VI). Risale al 4500- 4300 a. C. : viene interpretata, dall’ antropologa lituana M. Gimbutas, nella sua celebre opera “Il linguaggio della Dea”, come una citazione dei falci della luna con, al centro, una spirale che richiama l’idea del movimento e, quindi, delle stagioni della vita.
Un’altra citazione analoga si ritrova in un piatto rinvenuto nel basso corso del Danubio (fig. 4), distretto dei Galati, risalente alla metà del V millennio a.C.: in questo caso l’intreccio è rappresentato da quattro “fasce” al cui centro si manifestano quattro cerchi concentrici. Si tratta di rappresentazioni “vortici” che rimandano e, in quanto espressione di un potere magico, assicurano, il passaggio, la transizione da una fase della vita ad un’altra, secondo l’idea, propria delle popolazioni antiche, della ciclicità del tempo. “Tali simboli” – appunto richiamati in “fatture” come questa, dice ancora la Gimbutas – “sono necessari nei momenti critici: per esempio durante una malattia o nel momento della morte, quando sono in gioco i poteri vitali”.
Dietro al nodo di Salomone vi è dunque questo complesso processo di formazione prima e contaminazione simbolica poi che si manifesta presso antiche culture mediterranee. L’attribuzione del simbolo al re di Israele, che si “perfeziona” in epoca imperiale, ossia dal III secolo, deve essere avvenuta tra la fine del mondo antico – convenzionalmente fissata con la caduta dell’Impero romano di Occidente, 476 E.V. – e l’alto Medio Evo. Forse il richiamo a Salomone si deve alla sua proverbiale sapienza. Ma … Ma occorre evidenziare anche un ulteriore aspetto non secondario relativo alla personalità, tutt’altro che lineare, di questo re, noto non solo per la sua pietas ma anche per la conoscenza dell’arte – o scienza? – magica. Nell’ultima fase della sua vita, influenzato dalle tante mogli e concubine, “moabite, ammonite, idumee, di Sidòne e hittite”, fu “soggiogato” dai falsi dei di queste donne. E “…. il suo cuore non restò più tutto con il Signore suo Dio come il cuore di Davide suo padre. Salomone seguì Astàrte, dea di quelli di Sidòne, e Milcom, obbrobrio degli Ammoniti”. E altri dei pagani. Il Signore si sdegnò per questo tremendo peccato.
Forse questi due aspetti – così dissonanti – della figura di Salomone si ritrovano nel suo celebre nodo che sembra simbolicamente alludere al legame tra cielo e terra, tra creatore e creature così sentito dall’antico popolo di Israele. Ma, al tempo stesso, con quel suo volgersi spiraliforme che, come dice la Gimbutas, richiama il “vortice” della vita, ossia il suo andamento ciclico, il nodo esprime anche un quid di “magico” che evoca il potere di antiche, nascoste conoscenze. Forse per questo, o anche per questo, i magistri costruttori lo adottarono come attestato della propria (sapiente) opera …
Vinicio Serino




Tratto da “Sapienze architettoniche, Massoneria antica in terra di Siena”, di Vinicio Serino, Betti Editrice, Siena 2020
Vincenzo Milone dice
Una bellissima descrizione di un argomento ‘intrecciato’ con varie visioni in diverse epoche.
Sarebbe interessante comprendere il magismo di Salomone. Cioè le sue idee sul controllo delle Forze della Natura