
L’appartenenza alla nostra organizzazione iniziatica ci dà la possibilità non solo di crescere nella vita reale, ma di lavorare per cercare di avvicinarci sempre più all’utopia di un futuro irraggiungibile: “Ritrovare la via dello Spirito”.
Il senso di realtà, dell’arte muratoria, non deve essere messo in contrapposizione all’utopia, anzi è nostro compito ritrovarne il senso di collegamento. Se guardiamo l’orizzonte rischiamo di cadere nel tombino, ma se guardiamo troppo per terra rischiamo di perdere di vista l’orizzonte. La tolleranza ci permette di accettare le critiche e le contraddizioni, se non mettiamo in contrapposizione Verità e Utopia. Accettare la realtà è quello che ci permette di vedere la nostra istituzione come un unico albero con tanti rami. Per essere mare e non tempesta, per essere timone e mai ancora, per essere quello che vogliamo essere, per inseguire la vita e non il pensiero altrui, dobbiamo lanciare i nostri pensieri tra le chiome degli alberi più alti e liberarli sulle ali del vento. Dobbiamo immergerci nello spirito universale, liberandoci da legami inceppanti, e di grado in grado sollevarci.
Nell’uso corrente, la parola spiritualità ha un significato quasi esclusivamente religioso. Per trovare un altro significato fuori dal contesto religioso dobbiamo ritenere il significato della spiritualità nel senso di abbracciare tutte le caratteristiche umane che non sono somatiche, che rendono l’uomo differente da tutte le altre forme viventi sul pianeta. La spiritualità è una parte integrante della personalità senza la quale l’uomo non esiste e che non esclude la religiosità, anzi diventa uno stile di vita di ognuno di noi. La complessità della nostra cultura è basata su codici di comportamento incisi nella personalità che rappresentano la nostra etica. Senza etica non c’è spiritualità e viceversa. Il codice di comportamento umano può essere visto come proveniente dalla struttura genetica o datoci da Dio. In ogni caso la spiritualità e struttura biofisica sono strettamente correlate, il cambiamento spirituale influenza il nostro stile di vita e viceversa. La civiltà di cui facciamo parte inizia dal cambiamento antropologico della nostra specie: siamo diventati bipedi, così è modificato il bacino della donna e i cuccioli dell’uomo nascono immaturi. Con la cura dei figli, con l’inizio della comunicazione verbale, con il culto dei morti è iniziato il lungo processo di umanizzazione. Guardando il cielo e i fenomeni naturali ci siamo accorti sia dei limiti umani che dell’infinita forza, ordine e bellezza della natura. L’evoluzione del pensiero e del corpo, l’adattamento all’ambiente, la perdita degli istinti animali di sopravvivenza, fanno parte tutti insieme del codice genetico che ereditiamo. Le due parti non possono essere divise, l’uomo è una creatura unica, di solito quando inizia il cambiamento biofisico e spirituale tutta la nostra struttura cambia. Possiamo ritenere che la spiritualità antropologica non esista senza la componente biofisica. La possibilità di elevarci e trascendere nello spirito per dare un diverso senso alla vita, al dolore, alla morte è ciò che accomuna gli esseri umani tra loro. Diventa centrale la persona, consapevole dei propri sentimenti e delle relazioni con gli altri in un rapporto sia di umana amicizia ma anche dal rispetto delle diversità. Sappiamo delle malattie del corpo e della psiche, ma sappiamo ancora molto poco del disturbo spirituale. Questo disagio può esprimersi come non accettazione di sé stessi, del proprio comportamento o ruolo nella società, della cultura sociale esistente o della stessa giustizia. Se definiamo l’uomo per il rapporto con il divino, i propri simili e con il mondo intero ne viene che la salute, felicità e il senso di compiutezza sono da ricondurre ad un equilibrio tra le parti, mentre il male, l’infelicità o ogni altra forma di disagio essenziale e spirituale vengono ricondotti a tale rottura. Non c’è cura o specialista per questo disagio se non la nostra fiducia e apertura al mondo come speranza che ciò possa accendere in noi la scintilla del cambiamento. Solo con l’amore che è carità verso noi stessi e gli altri rimettiamo insieme i pezzi della nostra storia evolutiva e della condizione animale di partenza per ritrovare la strada della conoscenza e della trascendenza verso il divino universale.
Pietro Rasicci
Antonino dice
Molto interessante! La riflessione segue un filo logico sul piano evolutivo dell’essere umano e della sua innata spiritualità. (anche se gli atei la negano.)
Vincenzo Lanteri dice
Un argomento di questa importanza e di questa portata non può certo passare inosservato. Parto dalla specificazione dell’aggettivo, posto accanto al sostantivo, perché io sono tra coloro che sostengono che non solo all’uomo appartiene la dimensione spirituale. Laddove c’è anche solo un barlume di “Luce”, laddove si ipotizza l’esistenza dell’anima, laddove si respira l’alito divino, questo vuol dire spiritualità. Spiritualità, infatti, nel mio modo di vedere, è sinonimo di “divinità”, almeno per come la intendo io. In effetti questo termine, questo concetto,non può non richiamare alla mente quello tanto caro a chi è “sul percorso”, chi è “in cerca” della Luce e della Verità, ovvero il concetto di “scintilla divina” che non si trova, non brilla, fino a quando non abbiamo riconosciuto, percepito e, soprattutto, accolto la dimensione della spiritualità. La spiritualità è la dimora della Luce e della Verità o, in altre parole, essa segna la presenza di Dio, del Principio, dell’uno, in noi. Se c’è un minimo denominatore comune tra buona parte di coloro, filosofi, teologi o semplici appassionati di questi argomenti, è proprio quello relativo al rapporto tra immaterialità e materialità, nel senso che prima viene l’immateialità, ovvero la spiritualità e solo dopo, in ultimo, viene la materialità. È anche per questo che l’uomo fa così tanta fatica a riconoscersi come essere spirituale. Nella gradualità del processo evolutivo si passa dalla semplicità alla complessità, dall’invisibile al visibile, da ciò che è “in potenza”, a ciò che è “in atto”. L’essenza, la sostanza si dà una forma, prende forma e, inevitabilmente, racchiude la sua parte più esoterica in una spessa coltre di essoterismo, fatto di dura materia. Da qui la necessità per il profano di levigare le proprie numerose asperità, di rompere e penetrare il guscio, creare un varco, un canale di comunicazione tra esterno ed interno, tra esteriorità ed interiorità per scoprire la propria vera natura, la propria natura essenziale, consustanziale al Principio, all’Uno. È facilmente immaginabile l’enorme lavoro quotidiano che un’operazione del genere comporta, partendo dalla consapevolezza che l’apparenza è Maya, l’apparenza cela la sostanza, ma non è la sostanza. Il primo scoglio è proprio questo, dunque. Comprendere che Egli non è “più qui”, il Maestro non è più nel sepolcro e, quindi, non cerchiamo tra i morti Colui che è tra i vivi! Il messaggio esoterico del grande mistero della resurrezione di Cristo, a mio parere, è proprio questo. La materia è o, meglio, rischia di essere, di diventare, il sepolcro dello spirito. Il corpo ospita l’anima nella speranza che l’ospitante si accorga dell’ospite. Questa è la condizione prima, fondamentale della resurrezione che è alla portata di tutti: riconoscerci, nonostante l’apparenza, come esseri spirituali, dotati di anima e, come tali, cercare di vivere, pensare, agire, essere. Dobbiamo essere capaci di andare oltre l’involucro, oltre a tutto ciò che ci riporta ad esso, in termini di valori e principi etici di riferimento, in termini di stile di vita, in termini di modus operandi, in termini di visione di vita. La posizione eretta che nel corso dei millenni abbiamo acquisito ci ha messo nella condizione più appropriata per poter guardare verso l’alto, affinché ci rendessimo conto della nostra vera origine. Questo è il vero privilegio della spiritualità antropologica, condurci alla consapevolezza del divino che è in noi, ma anche sopra di noi e intorno a noi. La presenza di Dio in ogni cosa ci apre orizzonti che solo noi, come esseri umani, possiamo possiamo riconoscere, percepire, valorizzare. Facciamolo, sempre, ogni giorno, ogni ora, ogni minuto e la nostra vita avrà tutto un altro valore, un altro sapore, un altro significato. Questo è il senso del passaggio dalla orizzontale alla verticale. Questo è il vertice della piramide. Questo vuol dire aprire il terzo occhio, l’occhio della visione spirituale. Questa è l’intelligenza del cuore e solo grazie ad essa possiamo comprendere che spiritualità, in fondo, è semplicemente, essenzialmente amore, anzi Amore.