La “Catena d’unione” è uno dei simboli più noti nella Libera Muratoria ed è anche uno dei simboli più direttamente collegati con l’aspetto della Fratellanza Universale. Nel suo significato intrinseco e nella sua suggestiva espressività esteriore appare, effettivamente, molto forte, molto efficace nella creazione del giusto eggregore all’interno della Loggia e, per estensione, della grande famiglia massonica universale. Senza di essa la Libera Muratoria risulterebbe spoglia e fortemente indebolita della sua valenza umana. Si tratta di un simbolo dal forte valore etico, nel senso della morale così come la intendono gli Iniziati Liberi Muratori. In questo senso essa rappresenta, a mio parere, un simbolo di transizione tra l’esoterico e l’essoterico, un ponte tra il Trascendente e l’Immanente. Non si può non rilevare un significativo parallelo con i “nodi d’amore”, l’altro simbolo fortemente connesso con il sentimento profondo di fratellanza e di accoglienza che impronta di sé e, in modo indelebile, il simbolismo del Tempio massonico. Essi, insieme, rappresentano, in modo quasi plastico, il cuore della Grande Opera, l’espressione dei nobili sentimenti che devono sempre albergare nell’interiorità dell’Iniziato.
Venendo al simbolo in sé, una riflessione che sorge spontanea, è che il termine “catena” potrebbe, in un certo senso, apparire improprio, dal momento che l’immagine e le sensazioni che esso evoca, a prima vista, non appaiono, almeno nell’immediato, così facilmente associabili, ai nobili sentimenti cui ho accennato nel precedente paragrafo. Un simile errore di valutazione è possibile solo ad una sua lettura superficiale, poiché un’interpretazione più approfondita, dissolve in realtà ogni dubbio. La catena, infatti, è la rappresentazione realistica della robustezza, della forza, così come devono essere i rapporti tra fratelli, tra Iniziati, saldi, specie nelle difficoltà. Inoltre la catena è fatta di anelli ed ognuno di essi rappresenta un fratello, un iniziato, che deve essere egli stesso saldo e affidabile. Le braccia intrecciate, quando è “chiusa” e, comunque, le mani che si stringono, sia in caso di catena chiusa sia in caso di catena aperta, sono validi e sensibili strumenti di trasmissione di nobili sentimenti oltre che segno di fiducia, sicurezza, serietà. Una osservazione di più ampio respiro consente, tuttavia, di intravvedere un significato ancora più vasto e profondo, in questo simbolo che, come molti altri, si rivelano spesso dei veri e propri piccoli, grandi tesori. Da esso, infatti, traspare un chiaro riferimento all’unità nella molteplicità o, se vogliamo, il suo contrario, alla molteplicità nell’unità, che sono saldamente interconnesse tra loro. Non ci può, infatti, essere catena senza anelli, piccoli o grandi che siano. Il loro collegamento è ciò che conferisce senso e funzionalità al simbolo e allo strumento. Un anello isolato non rappresenta una catena, anche se può evocarne o ricordarne il senso. L’importanza capitale di questo aspetto della catena d’unione credo sia abbastanza chiaro a tutti i Liberi Muratori che hanno proficuamente compiuto il loro cammino iniziatico, rendendolo effettivo. Il Principio che si manifesta nel molteplice, l’Uno che si manifesta nel due, conserva la propria unicità, non la disperde, anzi la distribuisce nel molteplice che se ne nutre, il più delle volte senza esserne consapevole, quando non, addirittura, disconoscendolo. Infatti mentre non ci può essere il due senza l’uno, l’uno non ha bisogno del due per esprimere la sua esistenza. Dunque nel due è contenuto quell’uno senza il quale esso stesso non potrebbe sopravvivere. Ciò significa che nella nostra essenza, in quel “fondo” dell’anima, tanto caro a Eckart, quanto a Le Saux, alberga l’Uno, mentre l’apparenza, la superficie, dove tutto si divide e moltiplica, è il dominio del due. “Il Dio vivente non si incontra che nel fondo di sé “, afferma Le Saux.
In un celeberrimo testo, dialogando con il suo fedele discepolo Ananda, il Buddha descrive la relazione, l’interdipendenza che caratterizza ogni aspetto della realtà, esattamente come in una catena, la “catena d’unione”, appunto. Il dialogo inizia con la domanda che il Buddha rivolge ad Ananda: “Ananda, tra gli elementi interconnessi che hanno fatto si che la ciotola esista, vedi l’acqua?”. Non la riporto qui per ragioni di brevità, ma ne raccomando la lettura perché è estremamente illuminante.
In sintesi l’insegnamento esoterico che ci viene dalla “catena d’unione” è, come afferma il Vannini, che “noi non siamo esseri isolati, autosussistenti, ma qualcosa che è in rapporto con tutto il cosmo, dalla luce del sole al cibo che mangiamo, agli altri uomini che entrano in rapporto con noi…”. In questa affermazione ritroviamo il principio della relazione come principio base della psicologia umana, per il quale non c’è uomo, nel senso proprio del termine, senza relazione. Da qui un ulteriore valore della catena d’unione che rappresenta, quindi, quella dimensione relazionale vera, autentica senza la quale non ci può essere né uomo né Dio.
Vincenzo Lanteri
Gaspare Papa dice
Secondo me non c’è niente da aggiungere, questo simbolo, la catena d’unione, di deve portare fuori e farla leggere ai profani con la speranza di fare chiarezza sui pensieri contorti che hanno della nostra ISTITUZIONE MASSONICA.
Grazie della lettura
Salvo Cappello dice
Una trattazione chiara e concettualmente approfondita fornita da Vincenzo Lanteri sulla potente catena di fraternità che prescrive agli Iniziati di unirsi in circolo al centro del Tempio con le braccia incrociate, il destro sul sinistro, come a formare una croce di Sant’Andrea, i piedi a squadra, e le mani nude a stringere quelle dei Fratelli vicini, in modo da realizzare la circolazione di un flusso di energia con il massimo di forza e vigore.
Proprio per questo motivo è prevista nel Rituale del Grado di Apprendista prima della chiusura dei Lavori allo scopo di concentrare la mente di ognuno sulle intenzioni del Maestro venerabile, trasmesse da “bocca a orecchio”, – o nei Solstizi, su quelli fattegli pervenire dal Gran Maestro (parola semestrale).
Salvo Cappello