Lo status esistenziale dell’uomo è caratterizzato dal ragionare in termini di dualismo e contrapposizione. L’osservazione della natura, con le sue alternanze di notte e di giorno, di ombra e di luce, di freddo e di caldo ha condotto l’umanità a pensare che questo sia l’unico modo possibile di espressione. Una storia, questa, che, benché ancorata al passato, presenta ancora una contemporaneità.
Tocca agli esseri umani, dotati di un animo razionale, concretizzare le loro intuizioni in idee, prima che esse diventino vacui lampi fuggevoli. L’elaborazione dialettica si trasforma così nella scoperta di un messaggio di una doppia identità umana: l’ordinaria, visibile e materiale e quella spirituale, invisibile e introspettiva. Se si riesce ad immaginare che ogni concetto è il gemello del suo contrario, si giunge alla domanda di come esso poteva essere pensato la prima volta: in origine, come poteva essere comunicata ad altri un’idea, se non paragonandola al suo contrario? Si è compreso, ad esempio, che per l’uomo non è possibile concepire il concetto della forza se non in contrapposizione alla debolezza: la parola significante “forte” contiene un simultaneo ricordo di “debole”, e solo in questo modo si può giungere alla concretezza, all’esistenza della realtà. Il problema ha una matrice di indagine binaria, perché i nostri pensieri si formano per comparazione, ossia attraverso una relazione che gli individui stabiliscono fra i molteplici aspetti della natura. Persino Platone, nel Simposio, tratteggia questo antico dilemma in forma mitologica: “Zeus, volendo castigare l’uomo senza distruggerlo, lo tagliò in due. Da allora ciascuno di noi è il simbolo di un uomo, la metà che cerca l’altra metà, il simbolo corrispondente.” Questo tipo di ragionamento dualistico conduce all’idea ancestrale del Doppio, figura inquietante e, nello stesso tempo rassicurante. Il Doppio che ci cammina affianco, la nostra parte oscura, non si può sopprimere se non sopprimendo se stessi e ci permette di svelare i desideri segreti e inibiti dell’anima. Freud, elaborando il concetto del “Doppio”, lo descriveva come l’Ombra, una parte non accettata della nostra personalità, il lato nero e negativo. Eppure, incontrare la propria ombra significa incontrare se stessi; significa imbattersi in ciò che non vorremmo essere…eppure siamo. Perché la nostra Ombra non è tanto il nostro contrario quanto il nostro “gemello respinto”, a cui siamo legati, seppure negativamente…anima enim nostra tamquam speculum. Pensiero questo, sottilmente esplorato dal filosofo contemporaneo Umberto Galimberti: “Significa conoscere il Mister Hyde del Dottor Jekill, “il coinquilino segreto” di cui parla Conrad, il “sosia” di Dostoevskij, la nostra immagine allo specchio che non ci rassicura mai.” La rappresentazione del Doppio si manifesta, in chiave onirica, nel Parsifal,la storia della leggenda arturiana del Graal. All’interno di un misterioso castello incantato il cavaliere Parsifal, ha l’esperienza di una visione “deformata” della propria immagine riflessa in quella, enigmatica e impotente, del Re Pescatore ferito; in lui non riesce a vedere il proprio duplicato, l’altro volto di sé, il lato dialetticamente negativo che darebbe un senso positivo alla sua realtà razionale. Il cavaliere arturiano, sorpreso e stupito, inizia così un percorso interiore dalla matrice chiaramente dualistica: deve scoprire come affrontare l’Ombra: rifiutare di esserne condannato, e nello stesso tempo, identificarsi nell’Ombra. E la voce dell’Ombra rivela a Parsifal il suo lato oscuro, comprende che esiste in lui una forza autodistruttiva che deve riuscire a domare. La penetrazione interiore dell’Ombra diviene così il momento decisivo per la comprensione del reale significato della ricerca morale. Così Parsifal, superando delle prove, riesce, non solo a scoprire il suo vero Sé, ma anche far congiungere le sue due parti opposte che sono dentro di lui … che fanno parte della sua anima perché il Doppio è una entità mentale con cui bisogna inevitabilmente saper convivere. La ricerca interiore e il disvelamernto finale del ‘vero Io’ rappresentano, così, il punto di equilibrio dell’anima umana e costituiscono una metà proporzionale tra l’Essere Supremo e l’universo materiale.
Anche nella Massoneria è sempre esistito il concetto del dualismo applicato soprattutto in alcuni suoi simboli: la squadra e il compasso, le due colonne del Tempio di Salomone, Jachin e Boaz, il sole e la luna, il bianco e il nero del pavimento a scacchi. Nell’esoterismo, l’iniziato deve condurre alla luce ciò che è occultato, questo è il problema interiore che coinvolge l’Io e l’Inconscio umano. Si tratta di fare coincidere, attraverso una metodologia iniziatica, i due opposti, l’immagine esteriore, con l’altra metà che è in noi. Il processo di interiorizzazione massonica ha, di conseguenza, la funzione di congiungere il noto con l’ignoto e di pervenire, così, ad un punto di equilibrio. Comprendere questo processo è segno di grande saggezza, viverlo è segno di grande forza d’animo.
Massimo Scalisi
Domenico Poddie dice
Stimolante la meditazione di Massimo Scalisi specialmente nella parte nella quale, al di là dei riferimenti culturali (Platone, Freud, Galimberti, Conrad, Wagner), esamina il “doppio” sotto l’aspetto simbolico-esoterico. E’ certo che in ognuno di noi coesiste un “doppio”, l’uno copia di segno contrario dell’altro. Una coabitazione forse non sempre chiara e gradita ma che permette di spiegare gli eventi della vita. Tra questi, come mero esempio, la scelta di seguire il bene o il male o, meglio, ciò che ognuno di noi ritiene sia il bene o il male a seconda del quale “doppio” sia riuscito a prevalere nella nostra psiche. Grazie per l’opportunità condivisa.
Vincenzo Felice dice
…eccelsa riflessione! lo stesso Jung pone in risalto il saper leggere in Noi l ombra perché senza di essa saremmo incompleti.
Solo una considerazione nel riferimento al valore di anima se la contestualizziamo in vero e reale concetto di concretezza.Sarei dell’ avviso visto quanto viene saggiamente scritto…riprendere l’essenza del dualismo cartesiano nella sua filologia storica per leggerne l epistemologia dell’ idea di anima di certo non resa esistente a causa di uno strascico traduttivo dal greco in latino non corretta.
Sarebbe interessante ripartire da questo costrutto per rendere possibile il valore reale della sua inesistenza…per quanto abbia garantito valenza nel credo di una religione cristiana e nel mondo occidentale.
Un tfa
Vincenzo F.M. 33
P.s. chiedo di considerare questo mio messaggio non il precedente.grazie Vincenzo