Non rifaremo qui la storia più volte ri-vissuta, aggiungeremo qualche elemento di riflessione a ciò che già ben dice chiaramente la Leggenda di Hiram al terzo grado della Massoneria.
Si entra retrocedendo, e come sospinti, e sospettati di essere uno dei cattivi compagni che causarono la morte del maestro, e ci si chiede di portare le prove della propria innocenza, malgrado le mani siano pure ed il grembiule senza macchia.
Viene quindi ordinata un’ordalia, un giudizio divino, il Compagno viene sottoposto ad una prova decisiva: voltandosi vede la bara nella quale giace il maestro insanguinato, il Maestro Venerabile spiega il motivo del lutto e del dolore dei Fratelli: La luce che li rischiarava è scomparsa. Uno dei Fratelli è caduto sotto i colpi di infami assassini e si ha la triste certezza che gli operai che hanno commesso il delitto siano della classe dei Compagni.
Il M.V. chiede poi se il candidato fosse stato a conoscenza di un complotto ordito contro l‘ Ordine o contro i suoi membri, e gli impone, se è innocente di questo delitto, di dover darne una prova, una ordalia, o giudizio di Dio, avvicinandosi al cadavere, poichè se non è né uno degli assassini né uno dei loro complici non dovrà temere che il morto gli si levi davanti per gridargli vendetta e maledirlo.
Il Compagno per l’ultima prova dovrà scavalcare la Bara con tre passi. Se è innocente, non avrà nulla da temere.
Ricordiamo che i passi da apprendista e quelli in grado di compagno si svolgono, i primi da occidente ad oriente, mentre il compagno aggiunge le altre due direzioni, ma sempre sul piano orizzontale: il Compagno adesso dovrà scavalcare la bara, compiendo tre passi « in verticale ».
È ciò che rappresenta la verticalizzazione dello Spirito, e la nozione del passare dalla squadra al compasso.
Hiram viene assassinato. Ma chi sono gli assassini, i tre cattivi compagni, non ancora degni di ricevere la parola, ed il salario da Maestri ?
Essi rappresentano l’ignoranza, il fanatismo e l’ambizione, che rappresentano tratti e pulsioni umane : di ogni essere umano ostinato e testardo nel perseguire obiettivi di personale potenza e di gloria, o semplicemente frustrato, perchè intriso di immeritata soddisfazione personale.
Attitudine che cerchiamo di dominare allorchè chiestoci che veniamo a fare, abbiamo risposto a vincere le nostre passioni.
Ma facciamo un passo indietro. Ricordiamo i viaggi che ci hanno visto compiere al momento dell’aumento di salario da apprendista a Compagno d’Arte. Ricordiamo gli strumenti che facevano parte del nostro bagaglio di viaggio, in particolare il regolo e la squadra, e gli insegnamenti simbolici che ci vennero dati.
il Regolo ci si disse insegna la rettitudine e la misura, mentre la Squadra, con i suoi bracci ad angolo retto, rappresenta l’incontro tra il Filo a Piombo e la Livella, simboleggia, perciò, l’equilibrio che non dovrà mai mancarci, insieme con la rettitudine e con la misura.
Ma con quali strumenti viene colpito il Maestro Hiram: proprio con quegli strumenti che il Compagno ha introiettato, e fatto propri al momento del passaggio a Compagno d’Arte.
Nel rito di consacrazione a Maestro colui, che rappresenta in quel momento rituale il Maestro Hiram, viene colpito presso la porta di Occidente da un compagno che impugna minacciosamente un Regolo, che gli chiede la Parola, ed alla risposta di Hiram, “Tu sai che io non posso rivelarla” lo colpsce alla gola, col Regolo.
Hiram, riprende la leggenda, stordito, fugge verso la porta di Mezzogiorno: ma colui che vi era appostato lo ferma minacciandolo con una Squadra. Con arroganza gli chiesd la Parola: “Insensato!” grida Hiram. “Non così io l’ho ricevuta! Non così si deve chiederla!”. E l’altro, allora, gli vibra un colpo al cuore, con la Squadra. Regolo e squadra quindi.
Infine il Maglietto: alla porta d’Oriente colui che vi era appostato gli si para davanti con in pugno un Maglietto minacciandolo, pretende che gli venga rivelata la Parola. Hiram non si lascia intimorire e, pur sapendo che non sarebbe sfuggito alla morte, ha ancora la forza di rispondere: “Lavora, persevera, impara. Solo così avrai diritto alla maggior ricompensa!”. L’altro, allora, colpisce il suo Maestro alla fronte, con il Maglietto… e lo uccide.
Regolo, Squadra e Maglietto, una prima serie di considerazioni: come mai gli stessi strumenti che hanno in grado di compagno un senso positivo si trasformano nel rituale di maestro in strumenti di morte ?
Gioca il suo ruolo l’ambivalenza dei simboli, anzi la loro polisemia: una spada, per esempio può essere usata per difendersi o per colpire: importante è qui, come dappertutto nell’interpretazione dei segni, l’elemento soggettivo.
Il regolo vuol dire rettitudine e misura, Rettitudine e misura, e quindi l’onestà, la dirittura morale, l’incorruttibilità, il dominio della legge, il rispetto delle regole. Ma un eccesso di regole, la lettera della Legge, e non il suo spirito portano a ben altro: Summum Jus Summa injuria. Robespierre era chiamato l’incorruttibile, eppure quante teste ha sulla coscienza…. Timeo hominem unius libri , frase attribuita a Tommaso d’Aquino, il cui significato esprime una sorta di critica nei confronti di quella persona che limita la propria conoscenza a una sola fonte centrata esclusivamente sui dettami di un libro, e pensiamo agli integralisti non solo religiosi, ne esistono anche fra di noi, che pongono il loro sacro scritto, leggi e regolamenti al di sopra di qualsiasi altra cosa, e soprattutto al di sopra del libero arbitrio e della personalità umana libera e responsabile.
Analoghe considerazioni possono valere per la squadra: per dirla in breve un eccesso di equilibrio, diviene sproporzione, dismisura. Esagerazione nel cercare questo equilibrio genera immobilità, e quindi immutabilità ed inerzia: Tradizione non vuol dire custodire le ceneri, ma ri-attizzare il fuoco sacro.
Il maglietto infine: fin troppo facile affermare che il potere logora (anche chi non ce l’ha…). Ed è per questo che si è sempre richiesto a chi detiene un potere, rappresentato qui, dal maglietto grandi doti di umiltà e di tolleranza, in una continua ansia di ricerca e nella consapevolezza che la verità e la perfezione sono raggiungibili (forse) soltanto attraverso una serie di approssimazioni successive.
Nulla a che vedere quindi con chi presume stoltamente di possedere un potere che altri non hanno, o una maggiore illuminazione, o un segreto da altri inattingibile: il momentaneo possesso del maglietto nulla conferisce, anzi aumenta le nostre responsabilità. Il maldestro uso del maglietto è quanto di peggio possa capitare ad una Loggia.
Due parole infine sui tre colpi: Il 1° colpo, col regolo può rappresentare la Legge che il cattivo compagno ha trasgredito, e specificatamente nella gola, nel Vishuddha chakra, collegato alla comunicazione, sia con gli altri che con noi stessi, e alle emozioni che ne derivano.
il 2° colpo, con la squadra, al centro del petto, in corrispondenza dell’ Anahata: il chakra del cuore, che unisce i chakra superiori, più spirituali che stanno al suolo, a quelli inferiori, più materiali .Questo chakra rappresenta inoltre l’aria, che unisce la terra con il cielo.
Il colpo del maglietto, infine, al centro della fronte colpisce il recipiendario, proprio nella sede del penultimo chakra: l’Ajna chakra, il chakra del terzo occhio, che si trova tra le sopracciglia, ed è il simbolo dell’intuizione e della vista al di là delle apparenze e al di là anche della stessa realtà.
Ancora una volta al di là delle forme, è percepibile la corrispondenza fra gli insegnamenti iniziatici tradizionali di Oriente e Occidente.
I tre cattivi compagni che non beneficiarono della parola di passo del Maestro furono la causa incosciente della sua resurrezione: Il Maestro è ritrovato, e riappare più radioso che mai.
Hiram, simbolo della conoscenza sempre rinascente, attraverso la sua morte rituale diviene il prototipo dell’Iniziato, che senza questo terribile dramma sarebbe rimasto solo un abile costruttore, con 170.000 operai ai suoi ordini. Ma questo grande architetto sarebbe morto come un semplice mortale, al quale si sarebbero potuti rendere onori di breve durata, mentre ora vive di nuovo in ogni nuovo Maestro Libero Muratore.
Morire a se stessi, sacrificarsi è perdere il narcisismo primitivo, e questo è difficile: è difficile disfarsi di quell’autocompiacimento, vanità ed amore di sè che rende l’uomo inadatto ad una vita reale, a qualsiasi sincero scambio con gli altri.
Passare dallo stadio dell’oggetto, sottoposto a divieti e tabù, allo stadio di soggetto, autonomo, libero, responsabile, volontario, capace di amarsi profondamente e di amare l’altro profondamente, è il vero significato di resurrezione o rinascita che ci rende liberi muratori dopo aver sacrificato la vecchia persona- personalità (persona, in latino equivale a maschera, personaggio, figura).
Il percorso iniziatico conduce ogni iniziato verso un lungo e doloroso ascetismo, che richiede molti sacrifici tra cui, il più importante, quello dell’ego, ma che porta alla piena realizzazione dell’essere.
Il tempio è un luogo sacro e un luogo di sacrificio dove veniamo a sacrificare il nostro orgoglio, le nostre vanità, le nostre ambizioni, i nostri pregiudizi. Il recipiendario uccide la persona che era, che vuole sostituire con quell’Uomo vero (al insan al kamil, il Realizzato) che desidera diventare e che sta emergendo. Questa morte simbolica è indirizzata a tutto l’essere: fisico, emotivo e mentale.
Chiunque rinasce deve quindi rinnovare le sue azioni, i suoi sentimenti e i suoi pensieri.
Vi auguro di trovare sempre più radioso che mai il vostro personale Maestro Interiore.
Sic transit gloria mundi.
Giovanni Marischi
Appendice:
I numeri simbolici della tomba dell’Architetto Hiram: tre piedi di larghezza, cinque di profondità, sette di lunghezza.
I nomi dei tre cattivi compagni: Ignoranza, Fanatismo ed Ambizione, o Jubelas (alla porta del Sud), Jubelos (a quella di Occidente), Jubelum (alla porta d’Oriente), per Gérard de Nerval i nomi erano Olem, Sterkin, Hoterfut, ed altri ancora erano attribuiti nei vari Riti: Jubela, Jubelo e Jubelum; oppure Giblon, Giblas e Giblos; Abiram, Romvel e Hobden; Starke, Sterkin et Oterfut, Oterfut, Oterkin e MoaBon. Invece, secondo Luigi Sessa, il Rituale di Maestro in uso nel GOI, ha preferito omettere i loro nomi, ritenendo sufficiente quello dei vizi che rappresentano.
Paolo corso dice
Ottimo lavoro magistrale
Giovanni Marischi dice
Grazie Paolo, cerchiamo di mettere in pratica gli insegnamenti ricevuti.
Antonino Rampulla dice
In quest’epoca della comunicazione e della parodia «invertita dell’Universalizzazione» dove la spiccata ignoranza della realtà spirituale è irreligione sovrana, devo ringraziare l’Autore che ha prodotto questo ottimo lavoro. Egli sapientemente, in maniera ovattata, ci dona un’occasione di approfondimento che ci permette di ri-iniziare il cammino di ricerca spirituale .L’autore esprime, come folgore, la realtà incisiva e ci sprona a ri-valorizzare il valore del tempo da trascorrere ri-leggendo il rituale. Non posso se non compiacermi delle sue intuizioni le quali mi confortano, mi sottolineano che la massoneria è una scuola esoterica che non tramonta mai e mi confermano nel riconoscimento e nella perenne testimonianza dell’universale Dottrina dell’Unità. Oserei dire che questo lavoro diventa sprone per ricercare la Verità Suprema ,cioè l’Unità eterna, l’Amore