
Nessuna tornata è uguale all’altra. Specie in camera di Apprendista!
E’ vero, si respira sempre lo stesso entusiasmo, la stessa aria di fratellanza, la stessa voglia di stare insieme, la stessa determinata volontà di “apprendere” e di essere aiutati ed aiutare i fratelli nel lavorare la pietra che, dopo avere scavato oscure e profonde prigioni al vizio, ci servirà per innalzare templi alla Virtù, lavorando al Bene e al progresso dell’Umanità.
Giammai, però, una tornata è uguale alla precedente!
Per uguaglianza, genericamente, noi intendiamo una profonda somiglianza tra persone, cose o concetti.
Per cui, con estrema superficialità diciamo, per esempio, che tutte le figure che hanno i lati opposti uguali e paralleli, i quadrati, sono uguali.
Sappiamo che così non è. Infatti, sono soltanto “simili”; poiché, cambiando la misura dei quattro lati, avranno perimetri ed aree diversi!
Non a caso, la geometria piana ci insegna che “due figure si dicono uguali, solo quando possono sovrapporsi in modo da coincidere”.
La misura dei lati, praticamente, costituisce la variabile per cui, pur potendo chiamare tutte le figure con le medesime caratteristiche alla stessa maniera, l’una non è mai uguale all’altra!
Per trasposizione e analogia possiamo, dunque, riaffermare che mai una tornata è uguale alla precedente.
E’ pur vero che il rituale si svolge sempre secondo precisi dettami, che ci rimandano alla gloria del Grande Architetto dell’Universo ed al Bene e al progresso dell’Umanità.
Ma è altrettanto vero che lo svolgimento dei lavori assume toni, che richiamando all’altissima dignità del Tempio, per cui “tutto deve essere serietà, senno, benefizio e giubilo”, non giungono mai nella medesima guisa al cuore dei fratelli.
Di certo c’è, e vale per tutti, che essi non possono e non devono intrattenersi in questioni di politica o di religione (foriere di incomprensioni e divisioni) assumendo, anche nella posizione del corpo, un atteggiamento serio, frutto della “gravitas”, della “dignitas” e della “pietas”, che in ogni dove e in ogni tempo caratterizzano la vita dell’uomo libero e di buoni costumi, sempre presente a se stesso.
Tale atteggiamento di serietà faciliterà l’acquisizione del “senno”, che si appartiene all’intendimento del singolo fratello e che, a seconda delle specifiche caratteristiche peculiari dell’individuo, apre la via al più profondo “benefizio” del raggiungimento del “giubilo”, che non è un’espressione di generica serenità o letizia; ma l’esplosione della gioia completa, che si estrinseca nella consapevolezza di stare lavorando per assolvere all’imperativo categorico Kantiano “il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me”.
Salvo La Porta
Beppe Bolatto Loggia Hermannus van Tongeren Or, di Utrecht dice
peccato il Quadro del Terzo Grado !!!
Salomon dice
Oops, hai ragione.
Bepi dice
Certo che lo lascio un commento per quanto piccolo e sottovoce. Mi serve per dimostrare che l’ho letto tutto e solo dalla firma mi sorprende l’autore. Bedda Madre non lo facevo mio contemporaneo. Abbraccio vero.